Negli scorsi giorni, sul web, è nato un bel dibattito sul tema maternità. Più nello specifico, il confronto c’è stato sul fatto che per molte donne quella di non fare figli è una decisione consapevole e felice.
E che finalmente hanno il desiderio di dirlo.
Ho sempre pensato che l’unica cosa che ci avrebbe salvate dalla narrazione tossica e univoca della maternità sarebbe stato il confronto, raccontandoci anche di quello che, sull’essere madri o meno, di solito non si dice. L’ho sempre pensato e lo penso ancora però la necessità che abbiamo di dover dire e ripetere (a volte gridare anche se nessuno ascolta) che una donna è donna anche senza figli un po’ mi atterrisce.
Perché dovremmo già essere oltre al punto in cui la maternità sia un problema solo privato e non della collettività.
La nostra società è ossessionata dalle madri e dai figli, ma un po’ più dalle prime. Non so dire perché, non so se c’entri la cultura patriarcale profondamente radicata o quella cristiana che ugualmente vorrebbe impregnare ogni aspetto della nostra vita, fatto sta che dell’essere madri si continua a parlare come se fosse una cosa pubblica.
Al punto che alcune donne devono sottolineare (e spiegare) la loro scelta di fare o non fare figli che, ripeto, mi sembra una riflessione interessante e necessaria, ma nel mondo che vorrei solo superflua.
Purtroppo non è così, non ancora e chissà per quanto, ma continuo ad essere convinta che l’unica strada possibile sia quella del continuare a parlare e confrontarsi e dire di tutto quello che fino ad oggi si è taciuto.
Ricordare che i figli sono (anche) faticosi e sfibranti, che si è donna a prescindere dai figli e soprattutto che tutto quello che riguarda l’essere o meno, il diventare o no, madre non è mai, mai, un fatto collettivo.
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