C’erano una volta gli album fotografici chiusi nel bauletto in soffitta e c’è oggi lo sharenting a portata di tutti. Un vero e proprio fenomeno da cui siamo stati travolti: si tratta della continua condivisione online di contenuti che riguardano i nostri figli.
Mi permetterò di usare un generico noi per tutto l’articolo, mi perdonino coloro che non si sentono coinvolti, ma credo che ormai il fenomeno possa definirsi di massa. Viviamo online, ci ispiriamo a modelli mediaticamente sovraesposti e… ci siamo fatti prendere la mano.
Tutto bene finché, in modo più o meno consapevole, facciamo ciò che vogliamo della nostra immagine, ma cosa accade quando diventiamo genitori e nelle nostre condivisioni cominciano ad apparire i figli?
Volenti o nolenti li esponiamo e cominciamo a creare la loro immagine digitale, che altro non è che una traccia permanente di proprietà del web.
Forse ci accorgeremo davvero delle conseguenze di tutto ciò un domani, quando capiremo che forma prenderà la nostra società.
Ad oggi la verità è che lo facciamo in maniera piuttosto superficiale: un po’ per autocompiacerci, un po’ perché siamo ciechi d’amore e i nostri figli ci sembrano sempre la maggiore gioia da condividere e un po’ perché siamo degli ‘sharing addicted’.
Credo che nessun genitore vorrebbe mai nuocere al figlio, ma seguiamo la scia di una modernità ormai distorta, modernità di cui ci sembra di fare parte solo condividendo la nostra esistenza con spasmodica costanza.
Cosa avremmo pensato se nel 1990 ci avessero parlato di Instagram? Che era una follia! Che nessuno avrebbe mai perso tempo a condividere la propria routine, ciò che mangia, ciò che indossa, o qualsiasi altra stramberia registrata davanti ad uno schermo. Eppure, che ci piaccia o no, IG oggi è parte integrante della nostra società e condiziona le nostre vite.
Il fenomeno Ferragnez: la scelta di una vita online
Anche Chiara Ferragni agli inizi poteva sembrare solo una visionaria vanitosa, eppure oggi è riconosciuta in tutto il mondo come una grande imprenditrice di successo. La Ferragni, Fedez e i loro figli sono l’esempio più eclatante di cosa significhi vivere online, con pro e contro altrettanto evidenti.
Proprio di loro parla uno degli ultimi avvenimenti social che ha fatto molto discutere. Si tratta di una Instagram stories postata dalla celebrity in cui la famiglia si trova al ristorante per festeggiare il compleanno di Fedez e la tata, rivolgendosi al piccolo Leone, dice: “Solo un minuto Leo. Fai un sorriso poi hai finito e puoi continuare a disegnare”.
#ChiaraFerragni pubblica per sbaglio una story in cui la tata dice “Solo un minuto Leo. Fai un sorriso poi hai finito e puoi continuare a disegnare”. Forse doveva realizzare l’ennesimo contenuto? Il video è stato rimosso e ripubblicato senza audio. pic.twitter.com/fN9ACJKxWw
— Serenadoe (@Serenadoe___) October 16, 2022
La stories è stata cancellata e poi ri-condivisa senza l’audio. La frase è stata subito presa di mira e a dir poco strumentalizzata: dito puntato, critica e sfogo di massa.
Eppure tutti noi chiediamo ai nostri figli di sorridere nelle foto, lo faceva anche mia madre, e vi dirò di più: mi lasciava in posa molto più di un minuto. Ne impiegava almeno dieci per sistemare luce, obiettivo ed inquadratura. Quindi, da questo punto di vista, il figlio dei Ferragnez è fortunato: a lui almeno basta un click! Per non parlare di quando la fotografia non esisteva e si stava in posa almeno mezza giornata per fissare la propria immagine fiera in un quadro.
Scherzi a parte, il problema odierno non sta certo nel chiedere il cosiddetto sorriso da foto, ma sta nella frequenza con cui lo richiediamo ai nostri figli. Una stessa foto viene scattata mille volte, finché non otteniamo il nostro risultato instagrammabile. E si sa, i bimbi non hanno tempo da perdere, starsene in posa non fa per loro, vivono meglio in corsa e offline, e come genitori abbiamo il dovere di ricordarcelo e di concederglielo.
Pausa alla critica, pace ai Ferragnez, e spazio alla riflessione
Non ha senso criticare, ci siamo troppo dentro, ma riflettere non fa mai male. Farò un esempio assai strampalato: pensiamo ai nobili che una volta obbligavano i figli a matrimoni di convenienza, pensiamo ai bambini poveri costretti a lavorare e a tutte le ingiustizie subite.
Ogni epoca purtroppo ha le sue stortezze che talvolta, nel momento in cui le si vive, sembrano normali. Lungi da me essere pessimista, ma, pur provando ad imparare dai nostri errori, non saremo mai perfetti, e noi forse saremo ricordati come i folli che condividevano foto personali h24 fino a smarrire il confine con la realtà e a perdersi nel metaverso.
La vita evolve, e l’evoluzione non è sempre qualcosa di lineare e comprensibile. Non credo dunque che stiamo rovinando i nostri figli condividendo le loro foto, credo semplicemente che stiamo vivendo con loro l’ennesima era di cambiamento e che non siamo ben consapevoli di quale sarà la direzione.
Gli effetti e le conseguenze di questo modo di vivere un po’ li stiamo già vedendo, un po’ spaventano e un po’ forse è ancora presto per trarne una chiave di lettura definitiva, ma in cuor nostro sappiamo che la vita vera è offline, con sfondi di case disordinate, bronci e sorrisi sghembi. Riconoscerlo e ricordarlo è già un buon passo.
In fin dei conti c’era una volta un principino biondo che andava in giro dicendo: “L’essenziale è invisibile agli occhi” e gran parte del mondo gli ha sempre dato ragione.
Una Bionda E Una Penna
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