La sindrome della rassegnazione è il nome che è stato dato a una malattia psicosomatica che riguarda attualmente 169 bambini rifugiati in Svezia, che appartengono soprattutto all’etnia yazidi che vive tra Siria e Iran.
I bambini si “disconnettono” dal mondo e lentamente smettono di mangiare, correre, ridere, giocare o studiare.
Cadono in un sonno profondo che dai medici è paragonato al coma e rimangono in questo stato per lunghi mesi, in alcuni casi anni.
La buona notizia è che non è una malattia mortale e che questi stessi bambini tornano alla vita, nonostante siano provati fisicamente e psicologicamente.
La causa della misteriosa sindrome della rassegnazione, che per ora è stata riscontrata solo tra i bambini siriani rifugiati in Svezia, non è ancora stata scoperta, ma c’è una correlazione con un forte trauma.
I piccoli hanno assistito a violenze inaudite, temono di essere espulsi dalla Svezia e probabilmente il cervello reagisce con un rifiuto della temuta realtà e si “congela”.
I bambini addormentati in Svezia
I primi casi identificati con la sindrome della rassegnazione sono iniziati nel 1998 e sono cresciuti fino a toccare il picco di circa 400 bambini “addormentati” intorno al 2006 e nutriti con un sondino naso-gastrico. I medici hanno effettuato degli esami strumentali, come l’elettroencefalogramma, che risulta normale e anche il battito cardiaco sembra reagire a quello che accade intorno, anche se i piccoli rimangono inermi per lungo tempo.
Gli scettici sono arrivati a pensare che i genitori stessi, attraverso la somministrazione di sostanze, avessero fatto in modo di addormentare i loro figli per non essere espulsi, in quanto fino a pochi anni fa i richiedenti asilo ottenevano la cittadinanza svedese.
Oggi le cose sono cambiate e i permessi di soggiorno sono di meno in rapporto alla mole di ingressi nel Paese e molti hanno una scadenza temporale che può essere di 3 anni o 13 mesi.
Come viene trattata la sindrome da rassegnazione
Attualmente i bambini dormienti sono 169 e ancora non è stata trovata una cura vera e propria.
Non sono ancora stati condotti studi scientifici approfonditi, i medici che provano a “riportarli indietro”, hanno compreso, secondo un articolo pubblicato su BBC News e sul Daily Mail, che si ottengono importanti risultati allontanandoli dai genitori e portandoli in una struttura protetta. Qui neurologi e psicologi li sottopongono a una terapia psicomotoria per dargli gli stimoli necessari al risveglio. Musica, canti, odori, sapori nonostante il sondino ed entro qualche mese riescono a risvegliarli.
La regola è non parlare mai davanti a loro di immigrazione, perché il trauma vissuto delle violenze a cui hanno assistito sui propri cari deve essere allontanato.
Devono avvertire intorno a loro un ambiente rassicurante, senza le ansie dello spettro di un rimpatrio.
Quando si risvegliano e ricominciando lentamente a “vivere” i medici fanno in modo che parlino con i genitori prima al telefono e poi di persona, ma questa sindrome rimane un mistero e continua a interrogare la scienza medica di tutto il mondo.
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