Il quotidiano spagnolo La Rioja ha riportato pochi giorni fa una curiosa vicenda che ha coinvolto Ana e Maria (nomi di fantasia), due ragazze venute al mondo nel 2002 nell’ospedale San Millàn di Logrono, coinvolte in uno scambio di culle nel reparto di neonatologia. Dopo l’accaduto, di cui nessuno si accorse, le due bambine hanno vissuto 19 anni l’una con i genitori dell’altra, finché Maria, in seguito ad un test del Dna effettuato nel 2017, ha scoperto quanto avvenuto. Ora Maria è impegnata in una causa legale contro il Ministero della Salute spagnolo, a cui chiede 3 milioni di euro di risarcimento danni.
L’incredibile scambio di culle
Il fatto è avvenuto nel 2002 in un ospedale del nord della Spagna, quando nacquero, a poche ore di distanza, prima Ana e poi Maria, entrambe accomunate dall’essere delle nate sottopeso. Le due piccole vengono allora messe in incubatrice per sicurezza dai medici della struttura, in modo da poter essere seguite con costanza ed attenzione. Dopo il periodo di osservazione, gli infermieri effettuano per sbaglio lo scambio di culle, che porterà ciascuna bambina nelle mani della famiglia sbagliata; in particolare, Maria risentirà particolarmente dell’avvenuto, troverà infatti una situazione famigliare difficile, con figure genitoriali inadeguate e incapaci di curarsi di lei.
Il test di paternità e la scoperta dei fatti
Infatti la piccola Maria viene affidata dopo qualche anno alla nonna, sua nuova tutrice legale, mentre il padre nel 2015 interrompe il versamento degli assegni dovuti alla figlia, insinuando che la ragazza non sia sua. Maria allora decide di fare il test di paternità, che rivela l’esito sconvolgente: non vi è alcuna affinità tra Maria e colui che lei credeva suo padre. Lo stesso avviene quando il test viene ripetuto con la presunta mamma.
Maria, sicura allora di aver subito un’ingiustizia, ha così deciso di affrontare una dura battaglia legale assistita dall’avvocato José Sàez-Morga, arrivando a rintracciare l’altra bimba della vicenda, Ana.
Maria chiede allo Stato 3 milioni di euro di risarcimento danni, anche se quest’ultimo sembra disposto a dargliene soltanto 215.000, giustificandosi dicendo che oramai non è più possibile rintracciare il responsabile della vicenda.
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