Un articolo pubblicato sul Wall Street Jornual fornisce un’interessante spiegazione scientifica circa la difficoltà di bambini e adolescenti di smettere di giocare ai videogiochi.
Non si tratterebbe, come comunemente viene detto, di una dipendenza da videogioco ma di una caratteristica neurologica: la corteccia prefrontale, che gestisce gli impulsi e amministra i processi decisionali, non sarebbe del tutto formata fino a venticinque anni di età.
In considerazione del significativo rilascio di dopamina causato dall’attività ludica, dunque, per un bambino o un adolescente è molto difficile smettere di giocare senza un guadagno immediato di altro tipo.
La dipendenza dai videogiochi: una problematica sovrastimata
Da quando i videogiochi sono approdati sul mercato si è sempre parlato di dipendenza, in riferimento alla difficoltà di bambini e adolescenti a smettere di giocare nonostante gli avvertimenti dei genitori. La ragione che sta dietro a una tale reticenza da parte di bambini e adolescenti è neurologica, secondo un articolo pubblicato sul Wall Street Journal, e riguarderebbe il non completo sviluppo della corteccia prefrontale, deputata alle scelte e alla gestione degli impulsi.
Come sottolinea anche la Nora Volkow, direttrice del National Institute on Drug Abuse, il cervello umano è programmato per cercare appagamento che nel caso dei videogiochi viene concesso in maniera discontinua: terminare quella determinata azione senza una buona contropartita, dunque, si rivela molto difficile a livello istintuale, senza l’ausilio della corteccia prefrontale. Tutto ciò in considerazione del fatto che i videogiochi causano un aumento del rilascio di dopamina nel cervello di oltre il 75%, rilascio che per altro è graduale e continuo.
Come fare per gestire il tempo trascorso coi videogiochi?
Gli esperti cercano di aiutare i genitori nel trovare un modo per dosare i tempi trascorsi coi i videogames, così da dedicare tempo ed energie anche ad altro. Proprio per i motivi di natura neurologica di cui si è parlato, sarà molto difficile che un bambino rinunci a giocare se non in cambio di un’altra attività che considera altrettanto eccitante dal punto di vista cerebrale: proprio per questo, sarebbe opportuno cercare di rendere entusiasmanti le alternative ai videogiochi da parte dei genitori.
Può essere utile anche creare, assieme al proprio figlio, una vera e propria routine, magari scritta, della quale il bambino o l’adolescente si sentirà parte attiva e non passiva.
In ultimo, è comunque doveroso imparare a distinguere questo tipo di reticenza nello smettere di giocare, fisiologica, dalla vera e propria dipendenza che inibisce qualunque altra attività quotidiana, compresi i bisogni primari. Si tratta, in quest’ultimo caso, dei gaming disorder, che secondo le stime riguardano circa l’1% dei bambini e adolescenti.
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