Secondo uno studio pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine e realizzato da un gruppo di ricercatori italiani, i tempi dello svezzamento e l’introduzione del glutine (proteina del grano) nella dieta del piccolo non influirebbero sull’insorgenza della celiachia. Sarebbe, invece, la componente genetica il fattore di maggiore importanza per lo sviluppo della intolleranza alimentare. Svezzamento e celiachia non avrebbero quindi un legame diretto tanto quanto quello tra geni e celiachia.
Gli studi condotti negli scorsi anni sulla celiachia erano stati piuttosto contraddittori: per alcuni era fondamentale sospendere lo svezzamento in anticipo e introdurre il glutine nell’alimentazione del piccolo al fine di prevenire la patologia, altri, al contrario, avevano dimostrato che fosse necessario ritardare l’inserimento del glutine nella dieta del bambino, soprattutto nel caso in cui nella sua famiglia fossero presenti casi di celiachia. In realtà la ricerca finanziata dall’Associazione Italiana Celiachia e coordinata da Carlo Catassi, professore di Pediatria Generale e Specialistica presso l’Università Politecnica delle Marche, sostiene che non esiste alcuna relazione tra svezzamento e celiachia, ovvero che non è necessario né prolungare l’allattamento al seno né ridurlo al fine di prevenire questa patologia cronica. Tutte le neomamme, dunque, possono stare tranquille e allattare il proprio bimbo naturalmente, senza tener conto di ipotetici legami tra durata dello svezzamento e comparsa dell’intolleranza al glutine, i cui principali sintomi, lo ricordiamo, sono: dissenteria, vomito, carenze vitaminiche, perdita di peso e arresto della crescita.
Cosa fare se i bimbi sono ad alto rischio celiachia
La ricerca, condotta su un campione di circa 700 bambini con casi di intolleranza al glutine in famiglia e che sono stati monitorati fino all’età di 10 anni, suggerisce che, nel caso in cui il piccolo sia predisposto geneticamente alla celiachia (ovvero coloro che possiedono due copie del gene HLA-DQ2), è necessario introdurre il glutine nella sua dieta non prima dei dodici mesi di vita. Rispettando questi tempi, secondo lo studio condotto da Catassi, il bebè a rischio potrebbe fruire di un effetto protettivo rispetto alla comparsa della celiachia.
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