Un caso di bullismo contro un alunno disabile scuote il mondo della scuola. La denuncia avviene attraverso un compagno di classe che, con un tema, fa scoprire una realtà violenta e inquietante in cui gli adulti restano a guardare.
Un tema per denunciare atti di bullismo in classe
In una scuola media di Torino un ragazzino bullo prende di mira un compagno di classe disabile affetto da encefalomalacia con sputi, schiaffi, improperi e gesti osceni. Una quotidianità insostenibile per la vittima resa ancora più difficile da tollerare per l’indifferenza dell’insegnante di sostegno e di quello di potenziamento.
Entrambi i docenti sono finiti sul banco degli accusati poiché non potevano non rendersi conto della situazione. A fare emergere la vergognosa realtà è un ragazzino, un compagno di classe del bullo e della vittima che, in un tema incentrato sull’uguaglianza trova la forza di denunciare il clima di terrore che si respira in aula e racconta di vessazioni a danno del più debole. Nel tema si legge “Non è vero che tutti sono uguali, c’è chi si approfitta di altri”, riferendosi chiaramente agli episodi di vessazione.
Il tema giunge poi all’orecchio della madre della vittima che, immediatamente provvede a cambiare scuola al figlio, denuncia i docenti e con la famiglia, si costituisce parte civile. Il bullo con un’età al di sotto dei 14 anni, non subisce alcun processo, ma segue un percorso di sostegno psicologico
I casi di bullismo nelle scuole e gli strumenti per tutelare i ragazzi
I fatti risalgono all’anno scolastico 2015-2016, ma i casi di violenza e di bullismo nelle scuole continuano. Secondo un’indagine dell’Istat più del 50% dei ragazzi italiani tra gli 11 e i 17 anni vive a scuola momenti difficili con episodi offensivi e violenti, mentre il 19,8% è vittima costante dei bulli, almeno una volta al mese.
Il fenomeno cresce anche per l’utilizzo distorto delle nuove tecnologie. Infatti i messaggi e i video sui social purtroppo possono essere un modo per vessare la vittima anche quando è a casa. Per questo gli psicologi consigliano di avere un dialogo costante con i figli per spezzare la catena di silenzio. Molti genitori si chiedono se sia possibile controllare i profili social e lo smartphone dei ragazzi o se rappresenti una violazione della privacy. Il Tribunale di Parma recentemente si è espresso in merito e ha sottolineato che il padre e la madre per legge, hanno il dovere di controllare l’attività dei figli e pertanto possono e devono visionare i profili social dei più giovani.
In tutto il territorio intanto crescono gli sportelli di ascolto per supportare le vittime e anche per correggere il comportamento antisociale dei bulli. E molte scuole hanno ottenuto la disponibilità di uno psicologo che può diventare un punto di riferimento in casi di rapporti distorti e violenti tra compagni.
Infine, il Senato sta discutendo un disegno di legge ad hoc per configurare il bullismo e il cyber bullismo come un reato e la disposizione è già stata approvata dalla Camera dei Deputati. Va però segnalato che i singoli atti compiuti dai bulli come le minacce, le percosse, le lesioni o lo stalking costituiscono reato e pertanto dopo i 14 anni, i ragazzi rispondono penalmente delle proprie azioni, mentre fino ai 18 anni la responsabilità civile, cioè l’obbligo di risarcire i danni ricade sui genitori.
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