La cardiotocografia, o tracciato, è un esame non invasivo che si esegue a fine gravidanza. Monitorando la frequenza cardiaca fetale e le contrazioni dell’utero è possibile valutare il benessere del nascituro.
Cos’è e a cosa serve il tracciato in gravidanza
Indagine di routine, l’esame cardiotocografico (o CTG) serve a valutare il benessere del bambino attraverso il monitoraggio del battito cardiaco, di norma compreso tra le 120 e le 160 pulsazioni al minuto. Questa frequenza, tuttavia, non è costante, motivo per cui il personale sanitario specializzato terrà conto anche delle accelerazioni registrate (maggiori dei 10 battiti al minuto) e delle eventuali decelerazioni, purché siano lievi.
Valori al di sopra o al di sotto di quelli appena indicati possono essere indice di bradicardia oppure di tachicardia. Pertanto, in base ai risultati ottenuti, il ginecologo può optare o meno per un parto anticipato. La corretta interpretazione dei dati deve comunque tenere conto della storia clinica della futura mamma ed essere accompagnata da un’ecografia ostetrica.
Di solito, l’esame cardiotocografico viene eseguito a partire dalla 38sima settimana di gestazione fino a poco prima del parto. In alcuni casi, soprattutto se esiste il rischio concreto di un parto pre-termine, viene consigliato tra la 27esima e la 28esima settimana.
I motivi che possono spingere il medico a richiedere alla futura madre di effettuare il tracciato diverso tempo prima del completamento del periodo di gestazione possono essere diversi, tra cui l’ipertensione materna ma anche la rottura anticipata delle membrane o l’eventuale ritardo della crescita del feto.
Come funziona il tracciato, come viene valutato e quanti farne
Il tracciato si esegue in ospedale oppure al pronto soccorso, non è invasivo e non rappresenta una minaccia né per il bimbo, né tantomeno per la futura mamma. La donna viene fatta accomodare su un lettino oppure su una sedia reclinabile poggiando sul pancione due sonde (tre nel caso di una gravidanza gemellare) che valutano rispettivamente le contrazioni dell’utero nonché il battito cardiaco del feto e le sue variazioni.
Complessivamente, l’esame cardiotocografico ha una durata di 15-20 minuti anche se alcuni ginecologi possono riservarsi il diritto di protrarre il monitoraggio di altri 10 minuti o più, soprattutto se il bambino sta dormendo. Il ritmo sonno-veglia della vita fetale, infatti, segue fasi di circa 40 minuti.
Per poter svegliare il piccolo il personale sanitario consiglia in genere di mangiare o bere qualcosa di dolce (un succo di frutta, una caramella oppure del cioccolato, ovviamente facendo attenzione in caso di diabete gestazionale). Il controllo si effettua solo in caso di bisogno ed è completamente gratuito. La valutazione non è sempre facile da interpretare perché non di rado si può assistere a dei falsi positivi.
Il tracciato è utile anche appena prima del parto, durante la fase di travaglio, al fine di stabilire il benessere generale del feto, valutando la resistenza di quest’ultimo allo stress provocato dalle contrazioni uterine. Qualora i risultati non dovessero essere rassicuranti, l’ostetrica oppure il ginecologo possono decidere in qualsiasi momento di accelerare i tempi procedendo con un taglio cesareo d’urgenza.
In genere, si raccomanda un esame cardiotocografico a settimana fino a completamento del periodo gestazionale a meno che non emergano delle contrazioni oppure dei risultati anomali da tenere sotto osservazione. In questo caso, potrebbe essere necessario ripetere il tracciato più volte nell’arco dei sette giorni o addirittura procedere con il ricovero.
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