Un bebè palestinese con una malformazione congenita grave al cuore è stato ricoverato presso il Centro medico Tel ha-Shomer nella città di Tel Aviv. Il piccolo Mussa Assaqra, di appena sei mesi, stava per morire nonostante gli interventi medici.
Una nuova speranza per il bimbo palestinese
Le speranze stavano svanendo quando è giunta la notizia da un altro ospedale della morte di un altro bambino, un israeliano di 18 mesi. I genitori del piccolo avevano dato il consenso per il trapianto del cuore. I medici hanno fatto notare ai genitori l’origine palestinese del probabile ricevente, ma a questa affermazioni hanno dichiarato che ciò non aveva alcuna rilevanza.
A questo punto i medici hanno provveduto ad intervenire con il trapianto di cuore. L’operazione è risultata molto complessa, date le dimensioni del corpicino del paziente. Ma ciò che l’ha resa speciale è anche il profondo significato che vi è dietro: quella di Mussa è la prima operazione di trapianto di cuore da un bambino israeliano a uno palestinese.
Le lunghe liste di attesa per i trapianti
Mussa ha rischiato di morire fin dai suoi primi giorni di vita, quando in un ospedale della città di Ramallah, nello stato della Cisgiordania, gli sono stati diagnosticati una serie di tumori. A quel punto i dottori avevano richiesto un consulto con i colleghi israeliani e avevano deciso di ricoverarlo a Tel Aviv.
Nelle tre settimane antecedenti al trapianto le condizioni di Mussa erano peggiorate, al punto che i dottori lo hanno attaccato ad un macchinario. Accanto a lui è rimasta sempre la nonna. David Mishaly, direttore del reparto di chirurgia dell’ospedale si era detto molto preoccupato dalle condizioni di Mussa e aveva parlato con i genitori dicendo che in Israele avrebbe potuto ricevere un “nuovo” cuore a patto che in lista non vi fossero altri bimbi israeliani prima di lui.
Un trapianto molto delicato
La famiglia del piccolo donatore a cui Mussa deve la vita ha scelto di rimanere anonima ma ha deciso comunque di lanciare un messaggio di speranza con questo gesto. La loro donazione non ha soltanto salvato la vita di un bambino ma ha unito due popolazioni. Al Tel ha-Shomer, così come negli altri ospedali israeliani, il personale è composto da arabi ed ebrei senza distinzioni di razza o cultura. Il dottor Mishaly afferma che il loro scopo è quello di curare tutti, a prescindere dalla provenienza o dagli ideali politici.
Ad oggi Mussa rappresenta un vero miracolo per essere sopravvissuto ad un intervento così delicato, anche se i medici ancora non lo dichiarano fuori pericolo. La nonna Tamam appare commossa e felice mentre ringrazia i genitori del bimbo donatore per il loro gesto nobile e non scontato, capace di avvicinare due popoli da sempre in contrasto tra loro per motivi culturali, politici e religiosi.
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