Già nel 2010 l’OMS aveva emanato alcune linee guida sulle politiche per proteggere i bambini dall’impatto del marketing alimentare: troppe pubblicità accattivanti sono rivolte ai bambini sin dalla tenera età, in tv o al supermercato, portando ad un consumo eccessivo di cibo spazzatura. Troppi zuccheri, troppi grassi e cibi troppo salati messi in bella mostra e spesso utilizzati come premio anche nelle scuole.
La Società Italiana di Pediatria e tantissimi pediatri rilanciano ancora una volta questo appello per cambiare le regole del marketing alimentare rivolto ai bambini e per tutelare la loro salute. L’ultimo appello è firmato da Pediatra Carla, nota sui social per la sua attività di divulgazione dedicato alle famiglie.
Inganni e danni del marketing alimentare
Aggiornate nel 2023, le linee guida dell’OMS cercano di sottolineare come il marketing alimentare ha un impatto dannoso sulle scelte alimentari dei bambini e sulle loro abitudini riguardo al consumo di cibo e influenza anche le scelte di acquisto degli adulti.
Queste linee guida sono nate dalle numerose ricerche sull’obesità infantile: interessa sempre più bambini e si sta espandendo a macchia d’olio anche in Europa, e in Italia. I principali responsabili di questo fenomeno, che porta poi a diverse patologie come diabete e problemi cardiovascolari, sarebbero la scarsa educazione alimentare e l’esposizione continua alla pubblicità di alimenti ricchi di grassi, zuccheri e sale (noti con l’acronimo inglese HFSS, che sta per High Fat, Sugar, and Sodium).
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Infatti secondo uno studio della Commissione europea il 68% dei cibi pubblicizzati per i bambini è cibo spazzatura: la maggior parte ha un profilo nutrizionale squilibrato, con troppi grassi, zuccheri e sale, e uno scarso apporto di fibre.
Politiche più restrittive sul marketing alimentare
Dal 20210, approssimativamente solo la metà dei 53 paesi europei esaminati dal rapporto dell’OMS aveva introdotto varie iniziative per limitare la pubblicità di questo tipo di prodotti o altre politiche di limitazione al junk food: tra i primi, il Regno Unito, dove già nel 2007 la pubblicità di alimenti HFSS è vietata non solo sui canali dedicati ai bambini, ma anche nei e intorno ai programmi trasmessi “di particolare interesse” per i bambini sotto i 16 anni d’età.
La Francia nel 2009 aveva introdotto i disclaimer nelle pubblicità e nel 2016 le nuove etichette parlanti Nutriscore, dove ogni alimento viene definito per i suoi valori nutrizionali.
Tuttavia ricordiamo che questo sistema di classificazione è stato profondamente osteggiato dall’industria agroalimentare, specialmente quella italiana che cerca di difendere il cosiddetto “made in Italy”.
In altri paesi insospettabili, come la Colombia, il governo ha appena approvato una legislazione che prevede un aumento progressivo della tassazione sul cibo spazzatura, partendo dall’attuale 10% per arrivare al 15% nel 2024 e al 20% entro il 2025, mentre le bevande saranno soggette a una sugar tax, un’imposta che varierà in base al loro contenuto di zucchero.
Junk food: dall’eccezione alla routine
Ma oltre alla pubblicità assistiamo quotidianamente ai solleciti nei confronti dei bambini: siamo al supermercato con bambini al seguito. Chissà come mai proprio alla cassa i bambini trovano espositori colorati e accattivanti di caramelle, cioccolatini, patatine e bibite gassate. Ad altezza di bambino, e nel momento in cui il bambino più spesso è spazientito e insofferente perché c’è la fila e si è stancato. Ovviamente il suo sguardo è catturato da quella montagna di cose buone e dolci e noi, sfiancate, cediamo. Una volta, due, tre…
Come afferma anche Pediatra Carla in un recente video su Instagram, è chiaro che non è l’ovetto o la caramella ogni tanto a fare la differenza nella salute di un bambino. Il problema è che i bambini ricevono costantemente solleciti (al supermercato, in televisione, nei negozi e addirittura negli studi medici) a consumare cibo malsano.
Il problema non è l’eccezione, la caramella o l’ovetto ogni tanto, ma la continuità e l’instaurarsi di un meccanismo di ricompensa e il creare nel bambino un’abitudine.
L’appello è quindi rivolto ai legislatori, che come in altri paesi (Francia, Regno Unito e Colombia) potrebbero fare la differenza, con regole per tutelare maggiormente la salute dei nostri bambini.
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