In Italia, il tema dei compiti a casa è da sempre molto sentito da studenti, genitori e docenti. La percezione comune è che i ragazzi siano sovraccaricati da un volume di lavoro domestico eccessivo, situazione che ha spinto molti genitori a mobilitarsi per una sua riduzione.
La questione non riguarda solo il tempo libero degli studenti, ma tocca aspetti fondamentali come il benessere psicofisico e la qualità dell’apprendimento.
I compiti a casa sono davvero utili?
I compiti a casa sono un pilastro della didattica tradizionale, concepiti come un’estensione dell’apprendimento scolastico. I compiti a casa, soprattutto se assegnati in modo moderato e mirato, possono avere effetti positivi sull’apprendimento, in quanto è innegabile che esercitarsi dopo le lezioni migliori il consolidamento delle informazioni e sviluppi autonomia nello studente.
Tuttavia, secondo alcuni studi, il beneficio dei compiti a casa è direttamente proporzionale alla loro qualità piuttosto che alla quantità. Un compito ben progettato può effettivamente rafforzare ciò che è stato appreso a scuola, ma un eccesso di lavoro può produrre effetti controproducenti.
È infatti importante considerare anche potenziali svantaggi di una mole eccessiva di lavoro. Proprio in nome di questi, i genitori si sono mobilitati per chiedere una riduzione dei compiti a casa. Le motivazioni alla base di questa richiesta sono numerose:
- Stress e ansia: I genitori denunciano che i compiti a casa causano un eccessivo stress e ansia nei figli, privandoli del tempo libero necessario per giocare, fare sport o coltivare le proprie passioni.
- Disparità: I compiti a casa possono creare disparità tra studenti con diversi supporti familiari. Quelli che possono contare sull’aiuto di genitori istruiti e disponibili sono avvantaggiati rispetto a chi ha meno sostegno.
- Tempo libero: I genitori chiedono che i figli abbiano più tempo libero per dedicarsi ad altre attività, come la lettura, lo sport, la musica o il teatro.
- Qualità dell’apprendimento: Alcune ricerche mettono in dubbio l’efficacia dei compiti a casa nel migliorare l’apprendimento. I genitori sostengono che un apprendimento basato sulla scoperta e sull’esperienza sia più efficace e motivante per gli studenti.
- Ruolo dei genitori: I genitori chiedono di essere coinvolti nella scelta e nella valutazione dei compiti a casa.
Insomma: la questione dei compiti a casa in Italia mette in luce un dibattito più ampio sul significato e sullo scopo dell’educazione. Mentre è innegabile che l’esercizio a casa possa avere un valore formativo, è altrettanto chiaro che un eccesso può produrre effetti negativi sul benessere degli studenti.
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La situazione in Italia
In Italia, gli studenti si trovano a fronteggiare fino a 11 ore di compiti a settimana per la scuola secondaria, con una media di 8,5 ore: un record rispetto alla media europea, che si attesta intorno alle 6,5 ore. Questa discrepanza pone l’Italia in una posizione anomala nel contesto europeo, dove la tendenza è quella di bilanciare meglio le attività scolastiche con il tempo libero e le esigenze personali degli studenti.
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L’ambito educativo italiano, sotto la supervisione del Ministero dell’Istruzione, è regolamentato attraverso l’emissione di decreti e circolari che si applicano su scala nazionale, mantenendo al contempo il principio di autonomia scolastica a livello regionale. Questo consente a ogni istituto di avere una certa libertà nella gestione dell’insegnamento e di altri aspetti, inclusi i compiti a casa.
Esistono tre circolari ministeriali fondamentali riguardanti l’assegnazione dei compiti:
- La Circolare n. 62 del 1964, che sottolinea l’importanza dei compiti come essenziali per l’apprendimento, purché il carico sia considerato adeguato;
- La Circolare n. 431 del 1965, che avverte come un eccessivo carico di studio possa risultare dannoso per la salute degli studenti;
- La Circolare n. 177 del 1969, che specifica la raccomandazione di non assegnare compiti a casa per il giorno successivo alle festività, inclusa la domenica per il lunedì. Questa direttiva viene estesa anche al considerare l’orario completo di 40 ore settimanali previsto per la scuola primaria, sconsigliando l’assegnazione di compiti per il giorno seguente.
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L’intento di queste circolari ministeriali è chiaro: delineare un confine tra il tempo dedicato alla scuola e quello libero, al fine di assicurare agli studenti il diritto al riposo e tempo per le attività ricreative. Eppure, mentre è evidente che l’Italia stia ancora lottando per trovare il giusto equilibrio, altri Paesi abbiano già intrapreso iniziative per limitare i compiti a casa e promuovere un ambiente educativo più equilibrato e incentrato sullo studente.
Compiti a casa: il confronto con gli altri Paesi
Un confronto internazionale mostra che esiste una varietà di approcci ai compiti a casa e all’istruzione in generale e offre spunti preziosi su come poter riformare il sistema educativo italiano per migliorare il benessere degli studenti senza compromettere la qualità dell’apprendimento.
Paesi come la Finlandia, famosi per i loro eccellenti risultati nel campo dell’istruzione, hanno adottato un approccio molto più moderato ai compiti a casa, dimostrando che è possibile ottenere un alto livello di istruzione senza sovraccaricare gli studenti.
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Ecco alcuni esempi di come la situazione italiana si confronta con quella di altri paesi:
- Francia: In Francia non sono previsti compiti a casa: dal 2017 è in vigore una legge che prevede ora extra a scuola per lo svolgimenti di compiti “accompagnati”
- Finlandia: La Finlandia è un paese noto per il suo sistema scolastico innovativo e per la quasi totale assenza di compiti a casa. Gli studenti finlandesi imparano principalmente a scuola e hanno più tempo libero per dedicarsi ad altre attività.
- Germania: In Germania, la quantità di compiti a casa varia da scuola a scuola, ma in generale è inferiore rispetto all’Italia. I compiti sono spesso assegnati per il giorno dopo e non sono previsti compiti per il weekend.
- Norvegia: In Norvegia, la legge limita il tempo massimo di compiti a casa a 2,5 ore al giorno per le scuole superiori.
- Polonia: ad aprile 2024 sono entrate in vigore nuove leggi per ridurre i compiti a casa. Sono stati eliminati completamente i compiti per i bambini che frequentano le prime tre classi della scuola primaria, di età compresa tra i 7 e i 10 anni. E per le scuole medie, per i ragazzi dai 10 ai 14 anni, i compiti sono stati notevolmente ridotti.
- Stati Uniti: Negli USA, la quantità di compiti a casa varia notevolmente da uno stato all’altro e da una scuola all’altra. Tuttavia, c’è una crescente pressione da parte dei genitori e alcuni educatori per ridurre i compiti a casa. In alcune scuole, sono state adottate politiche “no homework” o limiti al tempo dedicato ai compiti a casa, con l’obiettivo di bilanciare meglio lo studio e il tempo libero.
- Giappone: Il sistema educativo giapponese è noto per essere altamente competitivo, con un forte accento sui compiti a casa e lo studio extrascolastico. Tuttavia, recentemente, ci sono state discussioni sull’importanza di ridurre il carico di lavoro degli studenti per migliorare sia il benessere psicologico che la qualità dell’apprendimento.
Oltre al numero di ore, è importante considerare anche la natura dei compiti a casa. In alcuni paesi, i compiti sono assegnati principalmente per consolidare le nozioni apprese in classe. In altri paesi, invece, i compiti sono utilizzati per introdurre nuovi argomenti o per svolgere progetti più elaborati.
Meno compiti a casa: le petizioni dei genitori
La reazione dei genitori italiani a questo carico eccessivo di compiti non si è fatta attendere. Sono state inviate PEC e avviate petizioni che chiedono una riduzione significativa dei compiti a casa.
L’argomentazione principale è che ogni docente tende a comportarsi come se la propria materia fosse l’unica per cui lo studente debba lavorare, senza considerare il carico complessivo. Queste mobilitazioni mirano a sensibilizzare le istituzioni scolastiche e il Ministero dell’Istruzione sull’importanza di garantire un equilibrio tra vita scolastica e personale degli studenti.
Ecco alcuni esempi di petizioni promosse dai genitori:
- Roma: Un gruppo di genitori ha inviato una petizione al Ministero dell’Istruzione, chiedendo di fissare un tetto massimo di due ore al giorno per i compiti. La petizione ha raccolto oltre 10.000 firme e ha avuto un’ampia eco sulla stampa nazionale.
- Torino: Un’associazione di genitori ha organizzato una raccolta firme per chiedere una riduzione dei compiti a casa. La raccolta firme ha coinvolto diverse scuole della città e ha portato a un incontro con l’assessore all’Istruzione del Comune di Torino.
- Salento: In alcune scuole del Salento, i genitori hanno organizzato uno “sciopero dei compiti”. Per un giorno, i figli non hanno portato a casa i compiti assegnati, per protesta contro il carico di lavoro eccessivo. L’iniziativa ha avuto un’ampia risonanza mediatica e ha aperto un dibattito sul tema dei compiti a casa.
- Milano: I genitori di alcuni studenti del Liceo Berchet hanno protestato contro il carico eccessivo di compiti a casa, organizzando un sit-in davanti alla scuola. La protesta ha portato a un confronto con la dirigenza scolastica e a un impegno a ridurre il carico di lavoro domestico.
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In ultima analisi, la petizione dei genitori non è solo un appello per ridurre i compiti a casa, ma un invito a ripensare l’educazione in termini più ampi, considerando il benessere degli studenti come una componente fondamentale del successo scolastico. La collaborazione tra scuola, genitori e istituzioni diventa necessaria per trovare soluzioni che favoriscano il benessere e l’apprendimento di tutti gli studenti.
È importante trovare un equilibrio tra il bisogno di consolidare le nozioni apprese in classe e il diritto degli studenti di avere un tempo libero per giocare, riposarsi e coltivare le proprie passioni. La scuola dovrebbe essere un luogo di apprendimento e crescita, non di stress e ansia.
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