La scuola è incominciata da poco e in pochi giorni, con la complicità delle prime piogge e dei primi freddi, i bambini rimarranno chiusi per buona parte della giornata nella aule, nelle palestre e nei saloni delle strutture scolastiche.
Il contatto con la natura pare andare in letargo, in attesa di tempi migliori: non solo le scuole, ma anche le famiglie tendono a tenere al chiuso i bambini per tutto l’inverno e, in un crescendo di protezionismo, spesso fino a primavera inoltrata.
Una brutta abitudine a cui molte famiglie stanno reagendo portando, anche nei mesi più freddi, i bambini alle fattorie didattiche, ai giardinetti e favorendo attività all’aria aperta, anche se i gradi non sono tanti. Questa ventata di novità ha interessato anche il mondo dell’istruzione: il primo asilo nel bosco d’Italia è ormai una realtà.
Si chiama “L’Emilio”, il suo intento è valorizzare il contatto con la natura, con gli animali e l’osservazione dei ritmi biologici in un clima di libera scoperta, trascorrendo gran parte della giornata all’aria aperta.
I bambini, dai 2 ai 6 anni, possono esplorare e toccare con mano il magico mondo che ci circonda, senza timore di sentirsi sgridati perché si sono sporcati o perché hanno messo un piede nella pozzanghera.
Libertà e autonomia (con il giusto grado di sorveglianza) sono le componenti principali del metodo educativo che, nato negli anni Cinquanta in Danimarca, è appena approdato in Italia.
Per ora, l’asilo nel bosco rimane una scuola privata, ma non si esclude che possa instaurarsi una convenzione con il Ministero dell’Istruzione.
Roma sarà la prima città a dotarsi di questa nuova struttura educativa, ma ben presto molte altre città potrebbero seguirne l’esempio, introducendo un metodo pedagogico che stimola la curiosità e la scoperta come motore della crescita dei piccoli.
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Lara Brufatto
Lara Brufatto