Si avvicina la festa della Pasqua e con essa arrivano anche alcuni giorni di vacanza per gli studenti. In questa occasione una insegnante, Gisa Messina, ha scritto una lettera indirizzata a tutti i colleghi pregandoli di non “seppellire” gli studenti con compiti inutili in questi 5 giorni di vacanza.
Il pensiero della professoressa per i giovani
Nella sua lettera la professoressa spiega che il suo pensiero è rivolto ai giovani studenti, che in questi ultimi 2 anni sono stati i protagonisti di una fase molto difficile con l’epidemia di covid che ha di fatto cambiato tutte le loro abitudini ed i rapporti con compagni di scuola, amici e insegnanti.
Per questo chiede ai colleghi di evitare l’assegnazione di gravosi compiti a casa per consentire di trascorrere in serenità questi giorni di festa, evitando anche di pensare ai problemi che sta causando la guerra così vicina.
Le riflessioni della prof Gisa Messina
Nella sua lettera rivolta ai colleghi la professoressa evidenzia come nei colloqui che avvengono tra gli insegnati, una delle domande che vengono poste più di frequente riguarda la possibile esistenza di una “generazione covid”, e sui danni che questa epidemia ha causato subito e su quelli che arriveranno nei prossimi anni. Per questo chiede quindi ai colleghi di lasciare alcuni giorni di spensieratezza durante le vacanze di questa festa cristiana.
Ecco il testo della lettera, pubblicata da Orizzonte Scuola:
Tra pochi giorni è Pasqua! Una Pasqua particolare è quella che ci accingeremo a festeggiare anche quest’anno avvolta tra dubbi e incertezze a causa della assurda guerra tra Russia e Ucraina; incertezze che si addizionano al periodo già instabile che tutti stiamo vivendo da ben due anni a causa della pandemia.
La Pasqua è una festa cristiana e culturale commemorativa della Resurrezione di Gesù dai morti, descritta nel Nuovo Testamento.
Ma da insegnante, quale sono, il pensiero non può che essere rivolto ai giovani, i quali stanno vivendo anni difficili, caratterizzati da mille problematiche.
A volte tra noi docenti ci si interroga se esisterà una generazione Covid, se i danni procurati all’epidemia saranno paragonabili a quelli di un vero e proprio trauma, se i nostri ragazzi saranno destinati a essere le vittime delle brutali ferite aperte dalla pandemia e se riporteranno tali traumi per sempre.
La compressione inevitabile della libertà che abbiamo tutti dovuto subire in questo tempo prolungato di emergenza sanitaria, è stata per i ragazzi più oppressiva che non per gli adulti.
Tutto questo lascerà inevitabili strascichi? “Ai posteri l’ardua sentenza”. Io da ottimista quale sono e con la mia solida fiducia nei giovani, penso che non ci sarà nessuna “generazione Covid” a meno che gli adulti non favoriscano questa tetra identificazione.
Ma questo non significa affatto negare che il mondo dei giovani stia vivendo un momento estremamente difficile. Lo sanno bene coloro che come me si occupano direttamente della loro cura e della loro educazione.
Si è visto e si continua a vedere crescere il loro disagio in molte occasioni (somatizzazioni, ritiro sociale, dipendenze patologiche, panico e depressioni, difficoltà nel linguaggio, nelle relazioni sociali…) e si è anche notato l’aumento di sentimenti e stati d’animo negativi come smarrimento, paura, rancore, rabbia. Questo disagio diffuso deve essere intercettato e accolto. Presto! Non solo dagli psicoterapeuti, o dalle figure specializzate, ma anche dalle istituzioni. Penso soprattutto alle famiglie e alla scuola.
Quale posizione tenere di fronte a questo malessere? In ogni sintomo adolescenziale è importante leggere un messaggio in cerca del giusto destinatario, perché nei sintomi di disagio si cerca inevitabilmente un destinatario, che sappia decifrare tali segnali. Quindi ecco allora il compito degli adulti: bisogna provare a costituirsi come destinatari accorti e solerti e bisogna assumersi la responsabilità di rispondere, sempre e comunque.
I genitori sanno per primi quanto sia difficile questo compito. Ma anche gli insegnanti e gli educatori sono investiti dal dramma di questo appello tanto silenzioso quanto pressante.
Ecco l’urgenza più grande alla quale questo tempo traumatico ci confronta: dare segno di ricevuta, non sottrarsi a questo appello, saper rispondere al grido a volte persino disperato dei nostri ragazzi. Questo significa in primo luogo non lasciare i nostri giovani da soli: si deve edificare la fiducia nella relazione, laddove la fiducia è stata brutalmente incrinata dalla violenza della pandemia e adesso dallo scoppio di questa inutile guerra così tanto vicino, che rende tutto ancora più drammatico.
Il mio augurio, per questa Santa Pasqua, è proprio rivolto agli educatori, ai miei colleghi: siate ricettori di segnali e decodificatori di messaggi, siate solerti e accorti ad aiutare i nostri giovani per costruire, tutti assieme, un periodo di serenità, di cui tutti abbiamo un disperato bisogno.
Quindi per le vacanze di Pasqua vi raccomando insegnanti tutti: aiutare i ragazzi non vuol dire seppellirli di inutili “compiti per le vacanze”! Le vacanze sono vacanze! E quelle 2022 lo devono essere ancor di più.
Permettiamogli di trascorrere più tempo con i loro cari, facciamoci “destinatati” e cerchiamo di trasmettere loro forza e coraggio. Permettiamogli di godere delle belle giornate per vivere momenti di crescita e di ritrovata gioia; essere giusti educatori non vuol dire assolutamente gravarli con compiti che poi generalmente non si avrà neppure il tempo di rivedere e correggere.
Essere giusti educatori oggi più che mai significa:
“Essere una persona che ama la vita e sa presentarne il volto più bello”.
Auguri a tutti di Buona Pasqua!!!
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